Transizione energetica, sostenibilità, digitalizzazione.

  • decarbonizzazione
  • digitalizzazione
  • economia circolare

 

Comunità

  • comunità energetiche
  • ecosistemi culturali
  • modelli partecipativi

 

Ricezione culturale

  • Superamento dei Bias
  • reframing culturale

 

Innovazione

  • smartizzazione 
  • digitalizzazione

 

Comunicazione

  • marketing del territorio
  • promozione strategica

 


Ambiti

  • energia (produzione, autoconsumo, compravendita)
  • telecomunicazioni (broadband wired/wireless)
  • trasporti (mobilità elettrica)
  • turismo (accoglienza, ristorazione, cultura, produzioni locali)

 

 

 

  1. Piccoli comuni a una svolta

L’Italia nell’immaginario internazionale è soprattutto quella dei piccoli Comuni, ricchi di storia e tradizioni, sparpagliati in un territorio vario e bellissimo che si fa apprezzare per la qualità dello stile di vita, la coesione delle comunità, il ritmo lento, sostenibile, a contatto con la natura. Il tipico archetipo dell’Italia rurale, genuina, accogliente e spensierata ma anche ricca di cultura, arte e molteplici eccellenze, dall’enogastronomia alla moda, dall’artigianato alla tecnologia, il mix di modernità e tradizione che incorona il marchio Italia al vertice delle mete turistiche più desiderate e che riscuote ammirazione in tutto il mondo. Ma se da un lato i Piccoli Comuni sono la bandiera dell’Italianità ammirata nel mondo, d'altro canto da diversi anni hanno dovuto fronteggiare le  intemperie della crisi economica, dello spopolamento, del gap tecnologico. Ma le piccole comunità, orgogliose, generose e forti sono ancora qui, e anzi proprio ora, al culmine di processi globali dai possibili esiti apocalittici (il riscaldamento globale, l’insostenibilità del modello di sviluppo economico e della produzione alimentare, la crisi sanitaria connessa alle pandemia, la crisi della rappresentanza democratica) sono i piccoli Comuni a offrire straordinarie opportunità di rimodulazione dei modelli sociali ed economici, sostenibilità, economia circolare, ecologia ma anche sicurezza (sanitaria e non solo), nuova occupazione, socialità, creazione di nuove risorse per lo sviluppo economico e sociale. IL tutto preservando ed anzi potenziando la qualità della vita per le comunità locali e per i visitatori, rafforzando e moltiplicando i servizi per comunità e imprese. Non si tratta di un libri dei sogni ma di una situazione reale, più che un problema di risorse siamo di fronte a una questione di metodo e di competenze, ciò che occorre è una visione non banale delle questioni, una conoscenza delle soluzioni di successo adottate a livello nazionale e internazionale, chiarezza sulle modalità per il reperimento dei fondi pubblici e privati e competenza per la definizione di progettualità organiche (e non individuali, scollegate dal contesto, prive di un disegno di medio-lungo termine), infine la capacità di supervisionare e indirizzare le implementazioni nel tempo assicurando i risultati ricercati. Molto importante la ricezione culturale si processi di trasformazione in corso che necessitano capacità d’ascolto e di costruzione di una nuova narrazione condivisa e partecipata, aperta al protagonismo di tutta la comunità, un percorso comune che non può prescindere da un coinvolgimento pubblico/privato che sia in grado di superare interessi di parte e porsi obiettivi di ampio respiro.

 

 

  1. La transizione energetica

Il cambiamento climatico e le sue conseguenze rappresentano certamente un pericolo catastrofico per la stessa sopravvivenza della specie umana (e anche in tempi relativamente brevi), ma nella reazione a questa emergenza si aprono enormi opportunità per un futuro sostenibile. Dalla conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici COP21 il processo verso la transizione energetica (decarbonizzazione, rinnovabili, economia circolare, revisione dei modelli comportamentali) è in corso e coinvolge oltre 200 nazioni, non stiamo parlando di estremisti visionari ma di politici pragmatici. La transizione non è solo il necessario rimedio a un pericolo catastrofico ma anche una gigantesca opportunità di rilancio dello sviluppo. Negli anni si sono succeduti programmi  sempre più ambiziosi e decisi, soprattutto sono aumentati i fondi e gli investimenti resi disponibili su questi temi: a livello internazionale l’Agenda Onu 2030 per lo sviluppo sostenibile; a livello europeo basti ricordare il “piano di investimenti di 1 trilione di euro nel prossimo decennio” annunciato da Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione Europea; infine a livello nazionale italiano sono molteplici le misure finanziarie che vanno in questa direzione, compresa la misura del finanziamento al 110% tra le più recenti.

 

  1. Covid-19

La triste realtà della pandemia, con tutti i disastri che ha comportato - i morti e il collasso sanitario ma anche l’impatto sull’occupazione, sull’agroalimentare, sulla finanza, sulle filiere produttive globalizzate, sul turismo - ha indubbiamente prodotto ingenti danni ma soprattutto obbliga a una rimodulazione degli stili di vita e dei comportamenti collettivi che caratterizzeranno i mesi a venire e causeranno un mutamento che almeno in parte persisterà anche dopo il superamento del pericolo sanitario. Questo stato di necessità costituisce un elemento di ulteriore accelerazione per le trasformazioni che erano già in atto e pone le aree rurali, scarsamente popolate, i piccoli Comuni, tra i protagonisti del cambiamento. Un’opportunità che se raccolta in modo adeguato può offrire ottime possibilità di successo, vale inoltre la pena di sottolineare come i primi a muoversi non solo raccoglieranno i frutti maggiori ma soprattutto detteranno la linea, indipendentemente dal peso specifico del soggetto portatore dell'innovazione.

 

  1. Ritorno nei paesini

Sotto la pressione dell’emergenza non solo i singoli hanno riscoperto i piccoli centri come rifugio sicuro ma si è cominciato a ripensare (finalmente) alle aree remote come una opportunità da recuperare, da incentivare. La risposta a una speranza, la soluzione a un problema. Secondo Stefano Boeri architetto del Bosco Verticale, professore ordinario di Urbanistica al Politecnico di Milano, una possibile risposta ai problemi posti dal virus (e su possibili future riapparizioni) sarebbe un ritorno ai piccoli borghi abbandonati, ripensare il modello di comunità, meglio piccole, ancorché aggregate (es. nelle città), o disperse (come i piccoli comuni) laddove il distanziamento rimarrà una questione sanitaria prima e culturale poi. Le piccole comunità possono tutelare la dimensione degli scambi mantenendo la sicurezza del distanziamento e favorendo modelli di sostenibilità. Naturalmente occorrerà colmare il gap infrastrutturali e di servizi. SI tratta quindi di passare dal modello di concentrazione di persone e servizi a un modello delocalizzato, fisicamente disperso, desincronizzato, uso degli spazi aperti. Questo però mantenendo la vicinanza di servizi di interscambio, le telecomunicazioni in primis, ma più in generale concepire gli spazi su cui insiste una comunità come un microcosmo in cui tutto è raggiungibile in un lasso di tempo e di spazio limitato, tutti i servizi fondamentali nel raggio di quindici minuti a piedi. Piccoli Comuni e grandi città composte da piccoli borghi. Un mutamento non solo urbanistico e organizzativo ma soprattutto comportamentale e culturale.

 

 

  1. Comunità energetiche e Comunità di Comunità energetiche

La prospettiva è quella vaticinata da Jeremy Rifkin con il nome di “terza rivoluzione industriale”, uno scenario che vede l’Europa in vantaggio a livello globale nella competizione verso la transizione energetica. La rivoluzione di cui parla Rifkin si compone principalmente di tre elementi: impiego delle energie rinnovabili (decarbonizzazione), autoproduzione e auto-consumo. interscambio di energie pulite.